Il senso dell’arancia per Albo Valdes – di ANTONANGELO LIORI


Editoriale (bis) del 2 febbraio 2025

Prima di grattugiarlo per aromatizzare la torta mimosa, Albo Valdes rimirava con beatitudine un arancio tarocco sanguigno.

“Vedi – mi disse – privarlo della buccia significa mortificarne la bellezza, eppure così facendo ne valorizziamo l’aroma grazie al quale la farina si trasforma in meraviglia. L’esatto contrario di quanto fanno i carcerieri che prendono un uomo e, grattugiandolo, lo trasformano non nel bello ma nel sordido, umiliandone la virtù. C’è però anche in questa follia qualcosa di nobile: ignorare la bellezza da parte di chi bello non è significa che ciò che per sua natura è puro disdegna l’impurità di chi è impuro”.

“La filosofia – gli risposi – è notevole. Ma tu dimentichi che il senso dell’arancia non è la buccia ma il succo e che la bellezza è celata nel suo involucro che tu, grattugiandolo, danneggi. Come capitò a Ulpiano, che volendo dare ai pretoriani una regola che li valorizzasse rendendoli immortali venne da loro ucciso per l’eccessiva severità del suo metodo”.

Stette zitto.

Infatti, ben sapeva che nella torta mimosa la buccia dell’arancia non ci va. Ma non avendo noi la possibilità di avere liquori, non potevamo aggiungere alla bagna il grand marnier e usavamo quindi un succedaneo.

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