LA MESSA DI MEZZANOTTE


Editoriale del 7 gennaio 2025

Per inaugurare il 2025 con buonumore, come digestivo dopo le feste, sono andato a rileggermi un vecchio racconto toscano, “La messa di Mezzanotte”, nel quale Yorick, pseudonimo del livornese Pietro Francesco Leopoldo Coccoluto Ferrigni (1836-1895), concerta una spassosa sinfonia di chiacchiericcio popolare tra quanti assistono alla messa notturna di Natale nella Basilica fiorentina di San Lorenzo: ragazze che si scambiano bigliettini d’amore con i fidanzati, ubriachi che parlano a vanvera e molestatori che approfittano della calca per dare pizzicotti alle fanciulle. Il tutto in un intreccio di battute montate con ritmo e affidate alla folla di “sigaraie, pantalonaie, cenciaiuoli, macellai, venditori ambulanti, beceri e ciane”, tra “starnuti, colpi di tosse, struscìo di piedi, cigolìo d’arpioni alle porte laterali, rumore di seggiole e di panche fregate sul pavimento. Nonne che non parlano. Borsaiuoli che non si vedono”, a fare da grottesco contrasto con la sacralità di un rito natalizio che diventa solo il pretesto per celebrare l’inesauribile commedia della vita. Se Giuseppe Gioachino Belli volle, con i suoi sonetti, edificare un monumento della plebe di Roma, Yorick riesce almeno ad abbozzare una serie di gustose vignette sul popolo toscano. L’impressione che abbiamo è quella di un registratore che passa attraverso le navate della chiesa e raccoglie le chiacchiere della gente, serbandone la fragranza con il tono genuino del parlato toscano. La curiosità di esplorare le mille sfaccettature degli esseri umani, spesso miserabili e perciò occasione di spasso, spinge Yorick a considerare la cronaca della realtà capace di dare “sensazioni più forti e deliziose” di qualsiasi romanzo. La sua schiettezza di spirito gli fa allestire un teatro che mette in scena le cose e le persone tali e quali come sono nella vita vera, perché non c’è bisogno di aggiungere trucco al clown. Snobbato dai critici suoi contemporanei che accusavano le sue opere di superficialità e maniera, Yorick è oggi un autore da riscoprire come umorista di talento dalla penna graffiante, e i suoi libri, ormai introvabili, da ristampare e rileggere con gusto. La presenza più viva di Yorick però non è giunta fino a noi attraverso i suoi scritti, ma è quella della sua figura, ritratta da un celebre dipinto dell’amico Vittorio Corcos nel 1889: un signore tarchiato e baffuto, dal cappotto marrone, con una sigaretta nella mano destra e la sinistra in tasca, passeggia sullo sfondo del muro di un palazzo, imbrattato di disegni infantili e molte scritte. Tra di esse questi versi, composti dallo stesso ritrattato: “Se l’uomo qui dipinto al naturale/ non è giovin, grazioso ed alto e snello,/ se ne accusi il pennello:/ non ci ha colpa, per Dio, l’originale”. La magistrale pittura di Corcos ci ha tramandato il corpo quasi carducciano di Pietro Coccoluto Ferrigni, ma anche l’anima ironicamente livornese di Yorick.

Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

“La presenza più viva di Yorick però non è giunta fino a noi attraverso i suoi scritti, ma è quella della sua figura, ritratta da un celebre dipinto dell’amico Vittorio Corcos nel 1889” Da LA MESSA DI MEZZANOTTE – Editoriale di Fabio Canessa (Preside del Liceo Olistico Quijote di Aristan)

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