Salmo 297 COMUNISTI E CRISTIANI A INTERMITTENZA


Editoriale del 12 giugno 2021

Una storia gira sui social, vera o falsa? Verosimile, per quello che conta. Un giudice ascolta un ragazzo di 15 anni sorpreso in un supermercato a rubare pane e formaggio per sua mamma malata e senza lavoro. Ha tentato un impiego, ma è stato licenziato per aver chiesto un giorno libero per assistere la mamma; poi altri cinquanta tentativi di trovare lavoro andati a vuoto. Il giudice, dopo aver preso dalla tasca e messo sul tavolo una banconota da 10 dollari, inizia a scrivere la sentenza. Eccola in breve: «Rubare è un crimine molto vergognoso. Ma adesso eccoci tutti responsabili di questo crimine. Tutti i presenti saranno multati di 10 dollari, e nessuno uscirà dall’aula senza prima versare i 10 dollari su questo tavolo. Il negozio che ha consegnato questo ragazzo alla polizia è condannato a una multa di mille dollari; se la multa non sarà pagata entro l’ora successiva alla sua comunicazione, il negozio sarà chiuso fino a pagamento avvenuto. Il tribunale si scuserà con questo ragazzo dopo che gli saranno stati consegnati tutti i soldi raccolti».
Curiose mutazioni nella storia. Quando studiavo, anni 60-70, la proprietà privata era un caposaldo dell’insegnamento cattolico contro i comunisti del tempo. Oggi, leggo in Giovanni Paolo II: «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno» (Centesimus annus).
Sulla medesima linea, Papa Francesco approfondisce: «Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati… Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongano sopra quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica» (Fratelli tutti).
I papi come ultimi dei comunisti? Di sicuro dopo essere stati i primi, ed esserselo poi dimenticato per un buon pezzo di storia. Perché ecco S. Ambrogio, che, ricordiamo, fu eletto vescovo a voce di popolo mentre era un affermato governatore dell’Italia Annonaria, quindi buon conoscitore delle situazioni sociali dell’impero: «Fin dove stendete, o ricchi, i vostri insani desideri? Abiterete forse da soli la terra?… La terra è stata costituita bene per tutti, ricchi e poveri: perché dunque, o ricchi, arrogate a voi il diritto di proprietà del suolo? […] Tu non dai al povero del tuo, ma gli restituisci del suo. Tu da solo ti appropri di ciò che è stato dato a tutti, perché tutti lo usassero in comune. La terra è di tutti, non solo dei ricchi…Tu dunque restituisci il dovuto, non elargisci il non dovuto».
E Gregorio Magno definisce «delinquenti per la rovina del prossimo» i praticanti di una falsa generosità, perché «quando offriamo qualcosa che sia necessario ai poveri, rendiamo loro ciò che è già loro, non diamo ciò che è nostro, compiamo un debito di giustizia, non adempiamo a un’opera di misericordia» (Regola Pastorale).
Queste frasi riecheggiano certo la “comunione dei beni” dei primi cristiani negli Atti degli Apostoli. Poi sono arrivate le distinzioni razionali. Per S. Tommaso la proprietà privata è necessaria ed è un diritto, anche se i “beni esterni” devono essere posseduti come comuni, cioè comunicati alle necessità degli altri (Summa Theologica III-II, 66,2), e Leone XIII, proprio nella “innovativa” Rerum Novarum (n. 19), commenta che prima devono essere soddisfatti i propri bisogni, poi, traducendo male una frase del vangelo, come si faceva fino a poco tempo fa, “il superfluo” doveva essere dato ai bisognosi.
In Sardegna fa ormai parte della cultura popolare il canto di Melchiorre Murenu, uno fra i più importanti dei poeti cosiddetti “improvvisatori”, in seguito alla cosiddetta “Legge delle Chiudende”, che, secondo una relazione del Vicerè Yenne, consentì gli abusi di quanti «non ebbero ribrezzo di cingere immense estensioni di terreni… al solo oggetto di far pagare a caro prezzo ai pastori e ai contadini la facoltà di seminarvi e il diritto di far pascolare i loro armenti»:
«Tancas serradas a muru / ‘Chiusi’ recintati a muro,
fattas a s’afferra afferra; / delimitati all’afferra afferra,
chi su chelu fid in terra, / se il cielo fosse in terra,
l’haiant tancadu puru». / pure quello avrebbero chiuso.

A me basti far parte, Signore, del canto delle generazioni
che ancora danno voce all’umile tua serva:
«Is famius dhus at beni cuntentaus, / Gli affamati, li hai bene accontentati,
is arriccus, isbuidaus e bogaus». / i ricchi, svuotati e buttati fuori» (Luca 1,53)

Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

«Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati… Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongano sopra quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica»
Da Salmo 297 COMUNISTI E CRISTIANI A INTERMITTENZA – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

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