Salmo 491 AL DI LÀ DELLE BATTUTE, CHI È IL VERO COGLIONE?


Editoriale dell'1 marzo 2025

Il dialogo con Mefistofele pubblicato come editoriale lunedì scorso, e letto all’inizio dell’incontro di Aristan, “Il Diavolo”, iniziava e finiva con due battute. La prima: «Se Lui, l’essere perfettissimo, è Uno e Trino, io posso essere almeno Uno e Bino». Per l’attenzione subito attratta dall’«Uno e Bino», quell’avverbio “almeno” è sicuramente del tutto sfuggito a chi ha ascoltato, nonostante l’interpretazione magistrale dei dialoganti; ma probabilmente è sfuggito anche a chi ha letto l’editoriale, e non mi meraviglierei se anche chi ha scritto lo avesse scritto senza essere del tutto consapevole del “valore indiziario” che quell’avverbio arriva ad avere per l’insieme del senso. Infatti, in tutto il dialogo il Mefistofele “raddoppiato” manifesta un /dna fotocopia/, fissato nel /ripetitivo/ e nel /limitato/. E questo proprio nonostante gli apparenti cambiamenti, che vengono del resto “ripetuti” paradossalmente proprio mentre si immagina di “stupire”. Si passa così dal patto al regalo, poi sostituito dall’inferno e subito dopo dalla sua dalla scomparsa, e infine si passa alla scommessa in attesa di una “rivelazione” fatta rassomigliare a una “parusia finale” di vittoria, scontata fotocopia di un’altra e più famosa “parusia”.

All’opposto, man mano che il dialogo avanza, l’io interlocutore manifesta sempre più chiaramente un /dna evolutivo/, che ogni volta fa fronte ai cambiamenti inaspettati, prima con successivi “adattamenti” all’ “imprevisto” («no… cioè sì»; «come preferite»; «dunque in questo caso…»), e poi con domande disponibili a nuovi “aggiustamenti” («ma allora cosa ci guadagni?», «spiegati meglio»).

In questo quadro solo parzialmente illustrato, è del tutto coerente che il /dna fotocopia/ del Mefistofele non possa concepire una qualche idea di vero “cambiamento” o di reale “diversità” nell’interlocutore, proprio perché /cambiamento/ e /diversità/ non fanno parte del suo dna.

In modo strutturalmente opposto, è invece del tutto coerente che l’io interlocutore non solo sostenga la possibilità che l’umanità possa cambiare («… l’umanità potrebbe capire e reagire in tempo….»), ma afferma chiaramente «voglio battermi per sempre affinché l’Umanità possa salvarsi…». E si noti bene come il testo, con quel «Ebbene» conclusivo e quell’ «Accetto» riaffermato in contrapposizione con la sfida di Mefistofele, evidenzia questa /scommessa/ (o professione di fede?) proprio nel momento in cui ogni patto succube è dimenticato e l’io interlocutore si pone sfacciatamente “faccia contro faccia” contro chi non riesce a immaginare che nel mondo ci sia chi non è un “ripetitivo” come lui.

La battuta finale, invece che una “parusia di vittoria”, si rivela, dunque, al di là delle risate che suscita, la confessione di un desiderio /ossessivo-possessivo/ di vedere gli altri “coglioni” come lui. Di nuovo un /raddoppio, come il primo, ma che il contesto ha già provveduto a smentire, come aveva fatto con quel «almeno» iniziale, che, pur essendo ora implicito, non è perciò stesso meno reale.

PS1. Prova del nove. Stare bene attenti alle motivazioni dei due dialoganti (terza parte del dialogo). L’io interlocutore mette in campo gli “eroi” dell’umanità, i Velasquez-Bach-Einstein, per sentirsi parte della loro stessa umanità, e quindi candidato ottimista alla salvezza. Per Mefistofele, però, questi eroi dell’umanità sono al massimo “vip” momentanei e isolati, che il resto dell’umanità non può considerare davvero suoi, e che perciò destina, senza dirlo, alla medesima “degna-indegna scomparsa”. Mefistofele si conferma colui che fin dal principio del dialogo era solo capace di dirsi limitata /fotocopia/ ripetitiva, incapace di dirsi in un “noi differenziato” (“trino”), incapace di entrare nel mondo del “differente”, come quel «almeno» insinuava,

PS2. Non si dimentichi, però, che l’autore del dialogo è il “magnifico rettore” dell’ Università di Aristan, che da una parte sembra dare ragione a Mefistofele sulla degna-indegna scomparsa dell’umanità; d’altra parte, però, appunto con la sua stessa «Università – Facoltà di Scienze della Felicità – Corso di laurea in Teoria e Tecniche di Salvezza dell’Umanità», sembra (almeno) volersi identificare con l’io testardo dell’interlocutore («voglio battermi per sempre affinché l’Umanità possa salvarsi»), che tuttavia a livello di battute (almeno) sembra smentire. Insomma, le battute e le risate hanno tutta l’aria di essere una specie di cortina fumogena a confondere le idee, ma che si può permettere chi, almeno, non è /coglione come/.

Salmo finale

A pensarci, Signore,
forse nemmeno i cristiani,
con tutto il loro indaffararsi a stupire,
credono davvero che a salvare tutti,
uno, che sei tu, possa bastare.

Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

“Il dialogo con Mefistofele pubblicato come editoriale lunedì scorso, e letto all’inizio dell’incontro di Aristan, “Il Diavolo”, iniziava e finiva con due battute. La prima: «Se Lui, l’essere perfettissimo, è Uno e Trino, io posso essere almeno Uno e Bino».” Da Salmo 491 AL DI LÀ DELLE BATTUTE, CHI È IL VERO COGLIONE? – Editoriale di Antonio Pinna (Salmista ad Aristan)

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