SONO IO


Editoriale del 12 AGOSTO 2014

Stiamo spesso davanti allo specchio. Gli uomini si fanno la barba, le donne si truccano, aggiustiamo cravatte e cappelli, cambiamo pettinatura. Compiamo tutte queste operazioni su un volto, il nostro, che ci è impossibile vedere e che non potremmo conoscere senza gli specchi. Ma, se anche pensiamo di conoscere il nostro viso, il nostro corpo, non lo conosciamo come lo conoscono gli altri. Solo una particolare disposizione di specchi ci mostra come ci vedono le altre persone, cioè non invertiti. Luigi Pirandello, meglio di ogni altro scrittore, ha descritto i paradossi del confronto tra come ci vediamo noi e come ci vedono gli altri. E anche l’immagine che abbiamo di noi stessi non è poi così precisa, stando agli esperimenti degli psicologi. Può capitare, come al fisico Ernst Mach, di non riconoscersi: intravistosi in uno specchio, si scambiò per un triste professore e osservò: “La fisionomia della mia classe sociale, evidentemente, mi era più familiare di me stesso”. O di riuscire a pensare al proprio corpo solo ricordando una foto, o un’espressione particolare, o il viso che si aveva da giovani. Come se il nostro io fosse imprendibile, difficile da catturare una volta per tutte in una dimensione stabile e senza tempo. Del resto, la maggior parte degli animali non è in grado di riconoscersi e, per capire che le immagini non sono dentro o dietro lo specchio e arrivare a dire “sono io” allo specchio, un bambino impiega circa tre anni. Aveva ragione Jean Cocteau: “Gli specchi dovrebbero riflettere un momento, prima di riflettere le immagini”.

Fabio Canessa
preside del Quijote, Liceo Olistico di Aristan

COGLI L’ATTIMO

 

Nico – I’ll be your Mirror – 1966 Warhol video

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